mercoledì 27 maggio 2015

PAPA' TASSISTA (notti di attesa in parcheggi deserti)


Figlio Grande è Altrove con il gruppo teatrale della scuola. Rappresentazione prevista in serata. Quindi, papàtassista si deve mettere l'animo in pace: toccherà uscire a notte fonda per andare a recuperare Figlio Grande davanti a scuola, dove lo scodellerà il pullman che porta in giro i teatranti.

"Dovremmo arrivare verso le undici e mezza", ha detto Figlio Grande al cellulare.
Papàtassista poco dopo le undici saluta moglieschiantatadisonno, le dà il bacio della buona notte, si infila la fida giacca verde militare ed esce. Sotto casa la Punto nera arabescata di graffi e bozzi di varie forme e dimensioni dorme di fianco a una supponente Mercedes lavata di fresco. Papàtassista preme il bottoncino sulla chiave. La Punto risponde "bip" e batte gli occhi/fari svegliandosi infastidita.

"Anche stasera dobbiamo uscire?", chiede la Punto con voce impastata di sonno.
"Eh sì…", risponde l'uomo con la fida giacca verde militare.

"A che ora arriva?"

"Ha detto alle undici e mezza…"
"E tu gli credi?"

"Fai meno la spiritosa e vedi di metterti in moto!"
Brummmm, brummmm. L'uomo sistema lo specchietto, regola la distanza del sedile, accende i fari, recupera la mascherina della radio, la incastra nell'apposito spazio, accende e inizia a far manovra.

Dalla radio esce la voce nasale e lamentosa di Ramazzotti. Ecco, ci mancava solo lui! Papàtassista guida e intanto scorre i canali. Radio Deejay con i suoi conduttori dall'accento milanese, sempre "troppo simpaticissimi". Clic. Un'Anna Oxa d'annata a Radio Italia. Clic. Inevitabile Radio Maria. Clic. Finalmente un pezzo decente. Sade: Smooth Operator.
La Punto si rilassa, l'uomo guida in punta di dita attraverso la città semi deserta. Luci gialle, poche auto, qualche passante frettoloso, un ragazzo di colore su una bici scassata che ondeggia pericolosamente.

La scuola è in periferia, appoggiata alla tangenziale, nel quartiere che fu feudo di Savinuccio Parisi. Malavita seria, mica rubagalline improvvisati. Davanti alla scuola il palazzetto dello sport in cui di tanto in tanto fanno i concerti. Tra i due edifici un grande parcheggio senza nemmeno una macchina. È lì che la Punto va a fermarsi. Con un sospiro meccanico si spegne.
Papàtassista comincia a preoccuparsi. Perché non c'è nemmeno un altro genitore in attesa?

L'uomo con la giacca verde militare guarda la scuola immersa nel silenzio. Un parallelepipedo anonimo senza alcuna attrattiva. Brutta come sono brutte tutte le scuole costruite in questo Paese dagli anni sessanta in poi. Roba tirata su in fretta con pannelli prefabbricati. Basterebbe questo a testimoniare quanto poco interessi a questo Paese la formazione dei suoi ragazzi. Riforme su riforme che pasticciano precedenti riforme pasticciate. Con l'unico, inconfessabile, scopo di ridurre i costi dell'istruzione. All'uomo con la giacca verde militare girano a trottola i "cosiddetti", quando sente sproloquiare in TV di: "inglese & informatica". A parte che magari venissero  insegnati in modo decente l'inglese e l'informatica, non è per quello che rinchiudiamo i nostri figli in questi brutti edifici. Dovrebbero star chiusi lì dentro per imparare a pensare, a ragionare, per imparare cosa è bello, cosa è giusto, perché sviluppino la loro creatività.
E questi parlano di inglese, di informatica, di essere pronti per "il mondo del lavoro". Questi sognano in realtà una generazione di impiegati e operai ignoranti che lavorino senza protestare, quando invece le sfide del millennio si giocano sulla capacità di innovare, di ripensare, di ottimizzare, di essere creativi, di produrre cultura.

L'uomo nella Punto, che nel frattempo si è riappisolata, beata lei, si incazza a pensare a queste cose e intanto il tempo scorre e il parcheggio resta deserto.

Squilla il cellulare. È Figlio Grande. L'uomo si illude chiami per dire che stanno arrivando, invece sente in sottofondo confusione e rumore di stoviglie. Gli cascano le braccia.
"Papà, purtroppo abbiamo finito solo poco fa e ora siamo in pizzeria per mangiare qualcosa prima di rientrare".

Ma porca di una porca di una porca miseria!
Naturalmente non è stato possibile avvisare prima (magari prima che questo sfigato con la giacca verde militare uscisse di casa), naturalmente ci ha provato, ma "non c'era campo" (ma chi l'ha detto che ormai gli operatori telefonici coprono il 99% del territorio nazionale e, se è vero, perché i figli si muovono sempre e soltanto in quell'1% del territorio nazionale non coperto dal segnale?), naturalmente gli dispiace molto, naturalmente non saranno a Bari prima di un'ora, un'ora e mezza.

"Ciao… chiudo che arrivano le pizze!"
L'uomo scende dalla Punto nel parcheggio deserto e va avanti e indietro in mezzo al nulla per smaltire il nervoso. Poi rientra in macchina. La Punto finge di dormire, ma si capisce che sta ridacchiando. All'uomo verrebbe voglia di mettere in moto e cominciare a sgommare in tondo per il parcheggio, per farle girare la centralina elettronica, così impara a sfottere.

Tocca mettersi tranquillo, tocca aspettare.
L'uomo ascolta la radio. Passa a raffica una serie di stazioni senza quasi capire cosa trasmettano. A un certo punto si ferma e canta mezza "A te" insieme a Jovanotti, poi riprende a girare e manda al diavolo un deejay troppo simpaticissimo, salta al volo un rosario su Radio Maria, muove la testa a tempo con un vecchio pezzo hard rock su Virgin Radio.

Poi l'uomo si rifugia nello schermo dello smartphone. Dà un'occhiata a facebook, poi a twitter, poi alle notizie del giorno sul sito de La Repubblica, ma la linea è troppo lenta e le pagine ci mettono un sacco a caricare. Allora si mette a giocare con la fotocamera, fotografa il parcheggio deserto, fotografa la luna, si fotografa la faccia stanca nel buio. Mamma mia come sembra stanca e vecchia la sua faccia in foto. Così cancella tutto, mette da parte lo smartphone (robaccia cinese che scalda come un ferro da stiro), incrocia le braccia e sbuffa.
"L'una meno dieci…" mormora l'uomo.

"Non doveva arrivare alle undici e mezza?" canzona una vocetta.
"Una volta o l'altra faccio il pieno con la nafta invece che con la benzina" ringhia l'uomo.

La Punto capisce che non è aria e torna a fare l'automobile. E le automobili, come è noto, non parlano.
Ma ecco che cominciano a comparire alcune auto che si fermano, una qui una là, nel grande parcheggio. Con ogni evidenza sono genitori di altri ragazzi del gruppo teatrale che, avvisati per tempo da pargoli con cellulari misteriosamente capaci di trovare campo, hanno evitato di passare un'ora e mezza seduti in mezzo al nulla a pochi passi dalla tangenziale in quello che fu il Regno di Savinuccio Parisi.

All'una precisa, quasi muso a muso con la Punto arabescata di graffi, si ferma una macchinetta fichissima da cui scende una mamma ancora giovane inguainata in jeans che forse sono tatuati, con una giacchettina di pelle e occhiali portati a mo' di fermacapelli su capelli che gridano parrucchiere alla moda a gran voce. La donna con tutta evidenza si ritiene strafighissima perché si poggia in posa plastica contro la macchinetta, sciorina una sigaretta sottile, la accende con mosse studiate e si mette a fumare che neanche Greta Garbo nei film del muto.
Ogni tanto, come per caso, la strafighissima butta un'occhiatina verso papàtassista  giusto per vedere se sta guardando. Che gusto c'è, infatti, a recitare da strafighissima senza pubblico?

Dalla penombra circostante compare, come dal nulla, un papàstrafighissimo, con pochi capelli, un po' di pancia, ma passo fermo, sorriso sicuro, maglioncino di marca poggiato sulle spalle come mantello di Superman e iphone in mano (mica cellulare cinese che scalda come un ferro da stiro!). Abborda la strafighissima con una battuta ben studiata e lei ride, buttando indietro la testa. Inizia un balletto con coreografia collaudata. È una scena che a papàtassista sembra di avere già visto un milione di volte.
Papàtassista riflette per l'ennesima volta che lui non è proprio fatto per queste cose. Non è neanche questione di essere sposati. Anche se fosse single non sarebbe capace lo stesso. Si sentirebbe ridicolo ad andare a eseguire la danza rituale che stanno danzando i due strafighissimi di fronte a lui. Gli verrebbe da ridere e rovinerebbe tutto.

Intanto eccolo! Dietro i due commedianti spuntano i fari potenti del pullman. I teatranti sono tornati.

Il pullman si ferma davanti alla scuola, i due strafighi a malincuore interrompono il rituale di pre-accoppiamento. Ragazzi e ragazze scendono, si salutano fra loro.
La Punto capisce che è ora di riscuotersi. Brummmm brummmm. Sbadiglia e sbatte i fari.

Figlio Grande, con il suo inconfondibile ombrello di capelli che non conoscono la mano di nessun parrucchiere (né alla moda né non alla moda), si materializza nel riquadro del finestrino con l'aria tra l'assonnato e il preoccupato. Ha paura che papàtassista gli spari un pippone da papàincazzato per il fatto che non l'ha avvisato per tempo del ritardo. Infatti si siede in macchina e comincia subito a giustificarsi.
Papàtassista fa finta di niente. Chiede come è andato lo spettacolo.

La Punto scassata percorre le strade deserte di quello che fu il Regno di Savinuccio Parisi.
Nello specchietto retrovisore i fari di una macchinetta strafighissima. Dentro c'è una mamma strafighissima con accanto qualche figlia sicuramente anche lei strafighissima.

Papàtassista guarda con la coda dell'occhio Figlio Grande con i suoi jeans, i capelli assurdi e la faccia da bravo ragazzo. Nessuno di loro due correrà mai il rischio di diventare uno strafighissimo con il maglioncino di marca portato sulle spalle come il mantello di Superman.
All'uomo con la giacca color verde militare scappa nella penombra un involontario sorriso.

Figlio Grande non se ne accorge. Tranquillo perché ha scampato la possibile sfuriata, pasticcia col suo smartphone. Non è esattamente robaccia cinese che scalda come un ferro da stiro, ma quasi.
La Punto canticchia tra sé e sé.

Papàtassista tende l'orecchio: è " Smooth Operator " di Sade.

 
CERTI COLORI PER LE AUTO DOVREBBERO ESSERE VIETATI PER LEGGE...

 

martedì 12 maggio 2015

"STRONZISSIMI VECCHIETTI"


L'altro giorno sono andato a sfogliare "Luisa ha le tette grosse", il mio secondo romanzo pubblicato con Leone Editore e l'occhio si è fermato su una delle "famose" lettere che Angelo, il protagonista, impiegato frustrato, scrive (senza poi spedirle) per proprio sfogo personale.
 
Nel caso di specie una risposta agli anziani di una Università della Terza Età che hanno fatto richiesta di effettuare una visita dell'azienda.

 

“Stronzissimi vecchietti

siccome non bastavano i marmocchi a sfracellarci le palle con le loro gite scolastiche mascherate da visita di istruzione vi ci siete messi anche voi, ma bravi!

Ma è mai possibile che non abbiate nessun altro modo più interessante di passare le vostre giornate? Non dico portare ai giardinetti i nipoti, che capiamo benissimo sia una rottura di coglioni mondiale ma, per esempio, andarci da soli ai giardinetti, a guardare il culo delle baby sitter o, in subordine, le tette ballonzolanti delle studentesse che fanno jogging!

Siete proprio sicuri che vi interessi passare due ore a girare in un posto maledettamente simile ai merdosi uffici e ai fetenti capannoni in cui vi siete rotti la minchia per tutta la vita?

Premesso che la vostra presenza nei nostri corridoi ci fa piacere più o meno come infilare i testicoli nel frullatore e farlo partire alla massima velocità, se proprio non se ne può fare a meno in quanto - per palese malevolenza nei nostri confronti - avete deciso di venire lo stesso, con la presente vi confermiamo che il giorno 20 del c. m. le porte della nostra azienda non risulteranno sbarrate e che nessuna guardia giurata all’ingresso vi caccerà fuori a calci nei vostri molli deretani, per cui potrete allegramente accedere e venire a tartufarci i maroni.

Nell’occasione, con non poco sforzo, porgiamo i nostri più Distinti saluti”.

 
 
 
(Sfogo che, nel romanzo, gli costerà caro…)
 


VECCHIETTI A CHI???